La montagna umbra ha bisogno di un motore (d’idee)
Il futuro della montagna umbra è una questione troppo importante per ridurla a un derby tra chi è a caccia di voti e chi difende il proprio diritto a frequentarla, semplicemente a piedi. Chi ha davvero a cuore la montagna, area interna e marginale (una contraddizione in termini), sa che la questione è molto più ampia.
Certo, camminatori e motociclisti non possono convivere sugli stessi sentieri. E la tesi avanzata da taluni secondo cui “la montagna è di tutti”, non regge. Perché anche il centro storico delle città è di tutti, ma i TIR non possono transitarci, per ovvi motivi. Anche l’aria è di tutti, ma non tutti possono farne ciò che vogliono, inquinarla ad esempio. Si sta dunque discutendo sulle regole. Ma il quadro di regole potrà essere chiarito solo quando si definirà una visione complessiva della montagna.
Il fatto è che la montagna umbra è oggi un sistema articolato, intricato, delicato e abbandonato, dal futuro incerto e dal presente nebuloso e a bassa densità di popolazione (e quindi di votanti).
Forse allora il grande clamore di queste settimane con la polemica sull’emendamento di legge regionale che consente il traffico dei veicoli a motore in montagna, potrebbe essere utilizzato in positivo. Ma occorre allargare la visuale, come da una cima, e mettere al centro del dibattito pubblico, di un confronto auspicabilmente partecipato, le questioni generali sul futuro della montagna e non solo il tema particolare “motori no, motori sì”.
C’è un lungo elenco di questioni da segnare in agenda, prima ancora che si accendano i motori delle moto o delle Panda 4×4 dei cacciatori e la cui soluzione va ben oltre le scadenze e gli appetiti elettorali. Più sinteticamente si dovrebbe guardare alla montagna, prima di tutto, come luogo di lavoro, come luogo da riabitare e come luogo naturale. Tre aspetti che devono per forza di cose intrecciarsi.
Per lavoro s’intende il vecchio e il nuovo. Perché quasi nessuno, ad esempio, parla dei pascoli abbandonati, o affittati a chi non li usa, con i nostri pochi pastori che – paradossalmente – non hanno spazi? Pochi s’interrogano sul ruolo dell’Afor (l’Agenzia Forestale), dei Guardaboschi degli enti pubblici. Quasi mai si parla delle manutenzioni nelle aree montane, della gestione dei boschi, del sostegno alle coltivazioni che appartengono alla tradizione delle terre alte. In pochi sostengono la necessità di garantire la connettività come presupposto a un nuovo abitare nelle aree montane. E quasi nessuno si ricorda che le montagne prima ancora di essere nostre (ovvero degli umani) sono l’habitat per una infinità varietà di specie animali e vegetali…
E dunque: come e cosa dovrà essere la montagna umbra del futuro?
Un parco giochi per motociclisti, per cacciatori, per escursionisti, o per bikers? Una riserva naturale per preservare la biodiversità, o un ecomuseo? Oppure un luogo da riabitare, anche in considerazione dei mutamenti climatici, di un rilancio dei lavori tradizionali e della possibilità di sviluppare nuovi lavori on line? O un luogo da riabitare magari per sperimentare uno stile di vita diverso dalla way of life propagandata nel mainstream e – di conseguenza – un differente approccio culturale?
Forse davvero la montagna umbra ha bisogno di un motore. Alimentato però con idee nuove e non a benzina.