MappeMontagna madre

Il cerchio magico dei Martani

Hanno scritto che è la Stonehenge umbra: una straordinaria esagerazione per un luogo che è invece straordinario per tanti altri motivi. Sta in cima a una montagna di appena mille metri, che – guarda caso – si chiama monte Cerchio, nel bel mezzo dei monti Martani.

ANCHE SE NON È STONEHENGE
Se ci salite non ci troverete i grandi monoliti-architrave sospesi (questo vuol dire stone-henge) del sito di Salisbury e neanche le pietre in circolo di un cromlech bretone. Dovrete però passare attraverso una trincea costruita con piccoli sassi non lavorati, in gran parte ormai scivolati giù dal muraglione. Non appena avrete superato il pietrame sarete – in effetti – all’interno di un cerchio. Di un grande cerchio di pietre quasi perfetto del diametro di 90 metri che circonda l’intera cima del monte. Un luogo particolare, ma non certo unico nell’Appennino centrale: siete infatti all’interno di un castelliere.

I CASTELLIERI APPENNINICI
Si chiamano castellieri quei piccoli insediamenti, o villaggi, fortificati protostorici risalenti all’età del bronzo e del ferro, che in genere sorgevano in posizione elevata, facilmente difendibile. Meglio ancora in una situazione difensiva naturale che veniva sfruttata e rafforzata dall’opera dell’uomo e che poteva essere utilizzata anche come ottimo punto di osservazione, come luogo di culto, di abitazione e di rimessa del bestiame.

CON GLI OCCHI DI TREMILA ANNI FA
Qui gli elementi ci sono tutti. Per capirlo basta sedersi sulla pietra posta nel punto più elevato e osservare. Osservare con gli occhi di un uomo di quasi tremila anni fa. Il paesaggio non doveva essere molto diverso: boschi a perdita d’occhio e pascoli nelle zone più alte. Ma…a valle non c’era nessuno: solo acque, o acquitrini, altri boschi, niente strade, niente negozi, niente ospedali…
L’uomo di tremila anni fa che osservava il paesaggio dalla stessa pietra dove possiamo ancora sedere, era apparentemente solo in mezzo alla natura dalla quale doveva ricavare tutto il suo sostentamento. Condivideva però questa solitudine con la sua piccola comunità. E di certo gli era di conforto osservare segnali dalle altre cime vicine e lontane, tutte a vista. Segnali sacri dalla vetta del monte Martano, dove c’era un luogo di culto. Segnali dal monte Maggiore, laggiù, proprio di fronte, ben appuntito come una piramide nel mezzo dell’attuale Valnerina, dove forse si accendevano dei fuochi nelle notti della protostoria; segnali dagli altri castellieri dei Martani, forse anche dal lontano monte Vettore che pure risplendeva e risplende all’orizzonte, con le sue nevi.

Quell’uomo non poteva guardare negli schermi dei nostri smartphone per sentirsi meno solo: osservava le cime. E anche il valico, lì davanti, quello tra la Valle Umbra e la Val Tiberina. Seduto su questa pietra, poteva facilmente sorvegliare ogni spostamento d’uomini o d’animali e, grazie ad un’acustica straordinaria, poteva perfino ascoltarne i rumori, quasi fossero lì a pochi metri, come accade ancora se si avvista (e si sente) qualche escursionista sul sentiero.

LA PARTE OSCURA DEL CERCHIO
Siamo ancora seduti sulla pietra, proprio al centro del cerchio, in prossimità di quello che sembra essere un piccolo pozzo, o una fossa votiva. Ma voltandoci dall’altra parte si scopre la seconda metà del cerchio. Che è più in basso ed è boscosa. Soprattutto è divisa dalla prima da un costone di roccia calcarea affiorante che forma una parete alta quasi due metri.
Dovendo scegliere un posto dove ripararsi, dove proteggere la propria comunità e il proprio bestiame, quell’uomo di tremila anni fa non avrebbe avuto dubbi: avrebbe usato quel muraglione naturale. Sotto al quale, potendo scavare, non è escluso che si possa trovare qualche grotta, considerando anche il carsismo della zona, magari collegata al pozzo di sopra.

Questa seconda metà “tenebrosa” del cerchio è protetta ai margini da un muraglione ancor più evidente, anche se ormai coperto dai lecci che impediscono la vista verso Todi e la Valtiberina.

IL TEMPO NEL CERCHIO
Il cerchio dei Martani appare dunque come un microcosmo, oggi abbellito dai fiori di Maia, della primavera ormai arrivata. Il suo uso antico può insegnarci molto anche per il nostro presente, che ha risolto molti antichi problemi, ma altrettanti ne ha creati di nuovi, che ha saputo rispondere a molti “come”, ma a quasi nessun “perché”.
Dunque monte Cerchio non è Stonehenge…non ci sono, né ci sono stati, druidi e celti…Eppure non vi sembra una magia poter guardare la montagna con gli occhi di chi ci ha vissuto tremila anni fa?
Per questo il monte Cerchio è straordinario e, in effetti, se ci salite potete ritrovarvi in una sorta di macchina del tempo, dove il tempo però non corre via lungo una retta, ma ritorna sempre su sé stesso come in un cerchio. Appunto.

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