La selciata dei frati e gli holzwege nel cuore d’Appennino
Martin Heidegger, il filosofo tedesco, parlava di sentieri interrotti, holzwege. Lui che era un gran camminatore con una passione particolare per la Foresta Nera, usava questo termine per spiegare che il pensiero umano deve essere vagabondo, andare oltre i segnavia e percorrere sentieri mai battuti, svianti, che sono quelli attraverso i quali si palesano le più importanti intuizioni.
A volte però può capitare il contrario. Riaprire cioè sentieri che sono stati percorsi e battuti per tanto tempo e che, infine, sono stati dimenticati a tal punto da essere tornati nella proprietà dei rovi. Di questi sentieri non si sono perse soltanto la memoria topografica e la funzione di viabilità, ma soprattutto è stato smarrito il senso.
Riaprire un sentiero storico, allora, non è solo ricreare un percorso fisico, quanto piuttosto indagare sulla sua funzione simbolica, mettersi nei panni, nella testa e nel cuore di chi lo ha percorso prima, di chi lo ha lastricato, per cercare di capire infine se il senso perduto tra quelle pietre e tra quegli alberi e forse ritrovato con le roncole, le falci, le pale, i picconi e il sudore, abbia ancora un valore nel mondo dell’oggi e per quello del domani.
Un’operazione di questo tenore è in corso nei pressi di una città appenninica in disparte, a Terni, nella valle del Nera, lungo la dorsale di un colle che unisce (o separa) l’ambiente urbano e le propaggini dei monti Martani, un bel massiccio pre-appenninico che caratterizza l’Umbria centrale e che – in qualche modo – contribuisce a costituire il vero cuore d’Italia, l’interiorità, l’heartland, del nostro Paese.
Questo sentiero aveva un nome: la selciata dei frati. Nel Seicento, infatti, venne ripavimentato a cura dei frati minori. Aveva anche una funzione: quella di collegare il centro urbano con il convento francescano dei Minori Osservanti sulla cima del Colle dell’Oro, ovvero il colle degli allori.
Il particolare degli allori, tra i quali il sentiero si snoda all’ombra di vecchie e possenti querce, non è di poco conto. Il convento infatti nacque a seguito di una visione avuta da San Bernardino da Siena nella prima metà del Quattrocento. Il Santo che predicava contro l’usura e che proprio a Terni spinse frate Barnaba Manassei a creare i primi Monti di Pietà, era particolarmente devoto a Santa Maria e alla Santa Casa di Loreto.
Giunto nella valle del Nera fino a Terni/Interamna, notò poco sopra la città un isolato ed elevato bosco di allori. Questo luogo particolare lo ispirò a tal punto da volerne fare un ricovero per i suoi frati sulla via lauretana, la via verso Maria degli allori, verso Loreto/Laureto, il cui culto era particolarmente diffuso sull’Appennino umbro-marchigiano con una devozione che spinge tuttora gli abitanti delle campagne e dei villaggi ad accendere i fuochi della Venuta nella notte dell’Immacolata tra il 7 e l’8 dicembre per indicare la via di Loreto agli angeli che, secondo la tradizione, ne trasportarono la casa da Nazareth all’Italia alla fine del Duecento, quando i Musulmani occuparono la città d’origine di Gesù.
La via lauretana, «sì corporale, come spirituale» da Roma a Loreto, era d’altronde una via di pellegrinaggio mariano battuta fin dal Medio Evo e la devozione di San Bernardino per Maria e per l’alloro è più volte menzionata. Per il suo rapporto con la Madonna, Bernardino è stato definito «Eletto dottore e santo mariano», «apostolo della Madonna», «cantore della bellezza di Maria» e raffigurato da Guercino davanti alla Madonna di Loreto appena velata nell’ombra.
In riferimento al rapporto di Bernardino con gli allori, a Maiori, sulla costiera amalfitana, una leggenda narra che all’interno di un ramo di un alloro piantato da San Bernardino comparve miracolosamente il nome di Gesù, il cristogramma (1).
Ma l’alloro, sacro a Minerva, è simbolo ancestrale di vittoria, di pace, di gloria eterna, di sapienza e di visione: Minerva nella triade capitolina è coronata d’alloro, Giove di foglie di quercia e Giunone di petali di rosa. Così la continuità di culto tra Minerva, dea della sapienza pagana e la Madonna regina della sapienza cristiana, è invero attestata in più località: Santa Maria sopra Minerva a Roma e ad Assisi, innanzitutto.
In questo piccolo colle, il Colle dell’Oro e degli allori, al centro dell’Italia e degli Appennini, al termine della selciata dei frati, tutto sembra allora ricomporsi: le querce e gli allori introducono a un luogo carico di senso del sacro, forse già frequentato in un passato remoto. Si ha infatti notizia che San Bernardino, giunto a Colle dell’Oro, predicasse sopra ad un pietrone che oggi è alla base dell’altare nella chiesa del convento e che appare come molto antico.
Colle dell’Oro è stato dunque trasformato, per volontà di San Bernardino, in un luogo di culto mariano, sulla via lauretana, e proprio su quel colle di allori il Santo di Siena volle far sorgere la chiesa di Santa Maria dell’Oro che nei secoli ospitò opere d’arte di straordinari artisti da Paolo di Visso a Benozzo Gozzoli, ora conservate al museo Narodni di Praga e nel museo De Felice di Terni.
Il culto di San Bernardino nella città della Valle del Nera, Terni, città mariana come la sua Siena, protetta da Maria e circondata da chiese a lei dedicate, non si limita però al sacro Colle dell’Oro, ma si espande sull’altra sponda del fiume, in un luogo per certi versi gemello a Colle dell’Oro. Anche qui passò Bernardino e leggenda vuole che in un bosco di lecci il santo avesse fatto sgorgare una fonte, anticamente detta del Pan Perduto, poi più comunemente fonte di san Bernardino, o delle Grazie per le qualità miracolose delle acque.
Su questo secondo colle, in prossimità di un altro bosco appena fuori le mura, pochi anni dopo la fondazione del primo convento ne venne dunque costruito un altro, sempre ad opera dei francescani minori osservanti, per volontà di Barnaba Manassei, e anche’esso venne dotato di una chiesa mariana, Santa Maria delle Grazie, arricchita come quella di Colle dell’Oro da opere d’arte di grande rilievo, da Nicolò Alunno, fino allo Spagna, al Sermei e al Perugino.
Le due comunità francescane mantennero rapporti costanti tanto che i priori si recavano ogni anno, forse in processione, da Santa Maria delle Grazie a Santa Maria dell’Oro, per l’offerta della cera traversando la città per il cardo e salendo per la selciata, nel giorno della Natività di Maria, l’8 di settembre. (2)
Giorno migliore, d’altro canto, non si sarebbe potuto scegliere per onorare San Bernardino, che a Siena nacque l’8 di settembre del 1380 e che scelse un altro 8 di settembre per prendere i voti e consacrarsi alla Madonna.
Adunque, ognuno stia attento co’ sentimenti suoi: io ho a parlare della Madre di Cristo Iesu benedetto. E voglio che voi sappiate che io nacqui in tal dì quale è oggi, e anco in tal dì qual è oggi io rinacqui; chè oggi fa XXV anni ch’io mi vestii frate, et oggi fa XXIV anni ch’io promissi povertà, castità e obedienzia. Così prego Idio che in tal dì io muoia, o vero nel dì della Assunzione. Et anco ho nome Bernardino, disceso da santo Bernardo, tanto devoto della Vergine Maria.
San Bernardino
Sembra quasi incredibile che un sentiero chiuso, come quello di Colle dell’Oro, possa – una volta riaperto – condurre così lontano e su strade inaspettate seppur già battute.
Questo sentiero aveva dunque anche un senso? Forse sì, più d’uno probabilmente. Il primo che si può solo immaginare è di condurre fuori, per entrare dentro. Accompagnare cioè il viandante nella cerca della propria interiorità percorrendo un sentiero che porta fuori dalla vita quotidiana e dalle sue preoccupazioni, fino a incontrare una madre nascosta in mezzo agli allori, sia essa la Madonna o la dea Minerva, o chissà quale altra ierofania.
Può sembrare irrazionale questo uso della sentieristica in tempi di trekking, di outdoor, di vertical climbing?
Ma siamo sicuri che la modernità debba nutrirsi e alimentarsi solo con la razionalità, recidendo le sue radici che traggono linfa nelle parti più profonde e nascoste della psiche e della terra?
La salita della selciata dei frati è un breve cammino ideale nel quale iniziare a porsi queste domande. Dal piazzale di Santa Maria dell’Oro, tra i suoi pini mediterranei, prenderanno poi il via altri infiniti holzwege, sentieri erranti, verso i Martani, verso l’Appennino, verso il cuore di terra del nostro Paese, tutti da scoprire, in futuro, passo dopo passo.
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NOTE
1) https://www.positanonews.it/2020/05/oggi-la-chiesa-festeggia-san-bernardino-siena/3388395/
2) Giuseppe Cassio, “Santa Maria dell’Oro e” Santa Maria delle Grazie” in “Santuari d’Italia. Umbria”, a cura di Chiara Coletti e Mario Tosti, Roma 2013.
Giuseppe Cassio, Il convento di Santa Maria de Auro a Terni. Storia e identità di un recinto santuariale, in “Memoria Storica”, 33 (2008), pp. 7-48
Giuseppe Cassio, “Oltre Assisi. Con Francesco nella terra dei Protomartiri attraverso l’Umbria Ternana”, Gorle 2010