Buona giornata, alberi d’Appennino!
“Troverai più nei boschi che nei libri“, diceva Bernardo da Chiaravalle. E magari potrebbe ripeterlo anche oggi, 21 novembre 2019, per celebrare la Giornata degli alberi. O forse sarebbe meglio lasciar parlare il genio dell’albero del bosco vecchio di Dino Buzzati per ricordare al colonnello Procolo e a noi che “A una certa età tutti voi, uomini, cambiate. Non rimane più niente di quello che eravate da piccoli. Diventate irriconoscibili”.
E invece bisognerebbe provare a recuperare un po’ della nostra sensibilità infantile e percepire che gli alberi sono esseri viventi, che a volte ci parlano. Altre volte ci consolano.
Come nel caso dei castagni, dei faggi, dei meli selvatici e delle querce del bosco nell’Alta Valle dell’Orba, un bosco speciale vicino a Martina d’Olba, nell’entroterra tra Tiglieto e Sassello, tra Genova e Savona, quasi dove nasce l’Appennino.
Eppure non è la bellezza del luogo a fare la differenza. Piuttosto è un’idea, naturale. Come la morte. Che nel mondo contemporaneo facciamo finta di non riconoscere. La rimuoviamo, così da farla diventare un mostro.
Nel bosco della Valle dell’Orba, invece, tutto appare più semplice. Una vita nasce, una vita muore; ogni cosa, ogni essere si rigenera. Il bosco è stato attrezzato per offrire un servizio nuovo per l’Italia: qui è possibile interrare le ceneri di uomini e animali, ai piedi dell’albero scelto, utilizzando urne biodegradabili, un’alternativa ecologica al cimitero tradizionale.
La cooperativa che gestisce questo bosco della memoria ha scelto di chiamarsi Boschivivi. E’ nata anche grazie a RestartApp, iniziativa di qualche anno fa finanziata dalla Fondazione Garrone per stimolare nuove idee imprenditoriali in Appennino.
“Che il nostro non sia un cimitero, ma un bosco vivo – dice Camilla che fa parte della coop – lo dimostra il comportamento dei parenti di chi ha deciso di lasciare le proprie ceneri sotto gli alberi (volendo con targhetta, anche familiare, o di coppia). Arrivano nel bosco con i bambini, passeggiano, raccolgono i fiori da depositare sotto il loro albero, in alcuni casi fanno merenda qui, o in un luogo vicino”.
Gli alberi, dunque, aiutano a elaborare il lutto. Forse sono proprio i loro geni che siedono accanto e consolano chi ha perso un proprio caro. O più semplicemente è l’energia del bosco, della vita che non si ferma mai.
Ma nel giorno della festa degli alberi è opportuno dire qualche parola anche su chi la festa agli alberi non gliela vuol proprio fare. Su chi cioè ritiene che gli alberi, i boschi vadano rispettati nella loro selvaticità, mai tagliati. Un po’ come accadeva per il bosco sacro, il lucus dei primi abitatori del nostro Appennino.
Honce loucum – neque violatod – neque exvehito – neque exferto quod louci siet – neque cedito. Così è scritto nella Lex spoletina…
Nessuno violi questo bosco, né alcuno porti via in qualsiasi modo quello che al bosco appartiene, né si tagli…
Esigenza condivisa dall’associazione che ha deciso di chiamarsi Fondo Forestale Italiano.
Perché un Fondo Forestale?
“Se è vero che l’Italia ha visto negli ultimi decenni un aumento della superficie boschiva dovuto all’abbandono delle campagne, buona parte del patrimonio boschivo italiano è però costituito da “boschi poveri”, troppo giovani oppure degradati da eccessivi tagli che ne hanno alterato la struttura e le dinamiche naturali. Inoltre le aree coperte da foreste sono sempre più ridotte e separate fra di loro da zone urbanizzate o sfruttate in altro modo, e non offrono un habitat sufficiente per le specie minacciate”.
In più il Fondo Forestale Italiano denuncia una gestione dei boschi italiani in un’ottica di mero sfruttamento economico: una visione cieca di fronte all’importanza delle foreste in quanto habitat complessi e patrimonio comune da tutelare.
E allora? “Bisogna salvaguardare l’esistente e provare a ripristinare almeno parte di quanto è stato perduto in termini di patrimonio forestale”.
Come fare? “Attraverso la creazione di una rete nazionale di oasi naturalistiche private gestite secondo indirizzi generali comuni da proprietari uniti nella volontà di conservare le risorse forestali rispettando le dinamiche evolutive naturali e custodendo la biodiversità.
Si comincerà dall’Appennino umbro, da Scheggino, terra di tartufi, che diventerà anche luogo di alberi felici. Il Fondo Forestale è già in azione e per scoprire come basta dare un’occhiata al loro sito web.
Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, percepisce la verità.
(Hermann Hesse)
Forse è vero, i boschi d’Appennino, le loro radure sono stati i primi spazi sacri delle genti italiche e gli alberi-colonna li abbiamo trasferiti prima nei templi e poi nelle chiese. I rami che s’intrecciano sono diventati archi e volte.
Ogni tanto bisogna tornare a onorare gli originali, a sentirne la nostalgia, affinché la giornata degli alberi dentro di noi non termini mai.