Penne alla ternana, da gustare in parete
A otto chilometri da piazza Tacito puoi fare alpinismo. Suona strano? Non certo per gli appassionati, che questo “segreto” lo conoscono da molto tempo. “Intorno alla città di Terni ci sono le penne, basta guardarle per capire che sono adatte ai rocciatori”.
Per penne s’intendono quelle piramidi rocciose dal vago aspetto dolomitico che impreziosiscono l’ultimo fronte dei Martani sulla conca ternana. La penna della Rocca, la penna di Sant’Andrea. Penna ha lo stesso etimo di Appennino e in tante lingue antiche sta a significare il monte, la montagna rocciosa.
La Penna della Rocca la vediamo tutti i giorni quando guardiamo sopra la città in direzione della Madonna dell’Olivo, la chiesetta dalla quale è sovrastata, quasi minacciata. Lì, dagli anni ’20 del secolo scorso, i rocciatori ternani hanno trovato una palestra ideale. Ma è dagli anni ’70 che grazie a Silvano Lepri e a Paolo Nobili la Penna della Rocca è diventata teatro di una sistematica attività alpinistica con un itinerario verticale intitolato ad uno dei pionieri, Ferdinando Austeri. Oggi è meno frequentata, anche se lì sotto sono state aperte una quindicina di vie d’arrampicata.
Ma altre pareti e altre penne vicinissime hanno richiamato l’attenzione di rocciatori esperti, come Andrea Di Bari che ha attrezzato il settore sommitale di Colle Zannuto (sopra la grande curva della strada che sale a Cesi) per l’arrampicata sportiva. Qui ci sono vie molto complesse e apprezzate dai campioni di questo sport che le amano anche per la bellezza del calcare grigio-blu, molto compatto.
Se la classe di Di Bari è indiscutibile altrettanto potente è la fantasia di un gruppo di climbers (anzi di pop-climbers come si autodefiniscono) di Terni e San Gemini, che dal 2009 al 2011 si sono presi di petto un’altra penna, quella di Sant’Andrea, ovvero lo sperone di Sant’Erasmo. Tanta fatica da parte di Mimmo Scipioni, Monia Mariani, Luca Sapora, Lorenza Moroni, Sara Zavka e molti altri per aprire (letteralmente) più di ottanta vie di arrampicata in mezzo alla vegetazione. Ora le vie sono tutte lì, attrezzate e bellissime, in un contesto naturale unico. E’ mancata la pubblicizzazione (anche se nelle guide specializzate ci sono) e soprattutto manca la manutenzione.
Di sicuro servirebbe più attenzione e la consapevolezza che – come dimostra Ferentillo – l’arrampicata richiama sempre molti appassionati. Ma le penne ternane per il momento sono solo all’arrabbiata, vista la scarsa considerazione della quale godono…
Appenniniweb.it per Il Messaggero/Umbria – Domenica 2 luglio 2017 – 2/continua…
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